Carissimi amici,
Buon inizio d’anno. Il 2021 è per Sport Senza Frontiere un anno particolarmente significativo perché ricorre il decimo anniversario dalla nascita della Onlus.
Ebbene si 10 anni fa, nel 2011, nello studio notarile dell’amico Cesare Arcangeli, dai sogni, le idee, dalle esperienze di vita di un gruppo di amici, nasceva Sport Senza Frontiere Onlus!
Colgo l’occasione per ringraziare le aziende, le fondazioni, i donatori individuali regolari e non, i testimonial, i runner, gli amici, le istituzioni, i media che si sono interessati a noi e tutti coloro che hanno creduto nel progetto e nelle persone. E soprattutto ringrazio i BAMBINI che in questi anni ci hanno restituito il senso del nostro agire e ci hanno ricambiato con tutto l’entusiasmo e l’amore che solo i bambini sanno esprimere.
Nel corso di questi 12 mesi troveremo spazi e momenti per ringraziare meglio quanti di voi hanno camminato accanto a noi contribuendo a costruire i primi 10 anni di Sport Senza Frontiere, augurandoci che questa bella storia possa continuare per svariati decenni, ben oltre noi fondatori, portando benessere e tante occasioni di vita a chi, queste occasioni non le ha.
Le famiglie che seguiamo appartengono alle fasce più vulnerabili della popolazione e molte di loro, già nel periodo del lock-down hanno avuto grandi difficoltà e oggi le loro condizioni socio-economiche e conseguentemente psicologiche sono peggiorate: case piccole e prive di spazi esterni, mancanza di connessione internet e di device per fare i compiti. Mancanza di strumenti personali per fronteggiare ansie e paure proprie e dei propri cari. Esposizione esagerata alla TV con conseguente panico generato dalle notizie sulla pandemia ripetute ossessivamente da tutti i media. Lavori precari che sono saltati subito, generando crisi profonde che hanno compromesso anche l’acquisto di generi alimentari. Difficoltà linguistiche che hanno spesso ostacolato la comprensione di cosa stava accadendo e come fare fronte all’emergenza. Difficoltà a ricorrere alle cure mediche in caso di malattia. Etc etc etc …potrei continuare per molte molte pagine… Siamo nati come associazione che dona lo sport a chi non se lo può permettere ma da un anno abbiamo dovuto mettere in campo risorse economiche ed umane per moltiplicare le forme di sostegno, per non lasciare sole le famiglie dei nostri 400 bambini.
Il contatto diretto con queste realtà ci ha subito dato l’idea di quanto le emergenze colpiscano in maniera diversa le persone. Al contrario di quanto si immagina le catastrofi, le malattie, le guerre, non hanno lo stesso impatto su tutti e neanche le pandemie sono così “democratiche”.
Sono stato molto colpito da un articolo sul Guardian di Michel Marmot professore di epidemiologia dell’University College di Londra e direttore dell’UCL Institute of Health Equity, che dice proprio questo e cioè che più un’area è svantaggiata più è alto il tasso di mortalità delle persone (qualsiasi sia la causa di morte). E quindi esorta le istituzioni a non cercare di tornare alla “normalità” intesa come ritorno al passato, ma di cogliere questa emergenza come una grande occasione per un miglioramento sociale. Il prof. Marmot parla dell’Inghilterra ma in Italia la situazione è simile.
Questa pandemia ha portato alla luce le disparità sociali in maniera eclatante e le condizioni insufficienti dei servizi per la salute. Ci siamo improvvisamente accorti che viviamo in una società dove continuano ad aumentare le disuguaglianze economiche e sociali e la povertà tra le famiglie con bambini, dove i governi hanno tagliato in maniera drammatica la spesa per i servizi pubblici, tra cui il servizio sanitario e dove il degrado ambientale influisce pesantemente sulle condizioni di salute dei cittadini che, infatti, si ammalano di più.
Mi viene in mente l’esempio virtuoso della Nuova Zelanda che già nel Giugno 2019, ha lanciato il “bilancio del benessere” di cui in qualche modo Robert Kennedy aveva parlato già nel 1968 in uno storico discorso sul PIL alla University of Kansas : “[Il PIL] misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.
Jacinda Ardern, primo ministro neozelandese, durante il World Economic Forum di Davos ha dichiarato: “Dal punto di vista dei parametrici economici, tutto sembra andare per il meglio le nostre proiezioni ci dicono che la Nuova Zelanda crescerà del 3%” e che il nostro tasso di disoccupazione è al 3,9 per cento. Quanto però di questa ricchezza si trasforma in benessere per tutti? In realtà abbiamo dati sconcertanti sulle persone senza fissa dimora e uno dei livelli più elevati di suicidi tra i giovani nell’OCSE. La salute mentale e il benessere non sono a livelli normali”.
Dunque la Nuova Zelanda ha stabilito dei parametri esistenziali che non guardano solo alla crescita economica, ma anche ad altri fattori come il capitale umano e sociale, il benessere della natura, e lo hanno chiamato “bilancio del benessere”. E non si tratta solo di buoni propositi, ci sono fondi stanziati ovvero un “well-being budget” e questo ci deve far riflettere. «Se sei un ministro e vuoi spendere dei soldi – spiega ancora la Ardern – dovrai dimostrare che migliorerai il benessere di tutte le generazioni». La politica illuminata della Ardern è stata premiata: alle nuove elezioni, nello scorso Ottobre ha ottenuto oltre il 49 per cento dei voti, con 64 seggi su 120, assicurando al partito laburista una vittoria assoluta che non si registrava da più di 50 anni nel paese. Segno che i cittadini qualche buon risultato, nonostante la pandemia, lo hanno visto!
Il mio auspicio per questo 2021 è che questo bellissimo messaggio che arriva dalla piccola e lontana Nuova Zelanda, diventi virale e contagi i governi di tutto il mondo affinché veramente ci sia l’impegno a non lasciare indietro nessuno e ci sia un deciso cambio di paradigma.
Alessandro Tappa
Presidente di Sport Senza Frontiere