SPORT SENZA FRONTIERE NAPOLI: VALERIA E SALVATORE
Il 2015 segna una data molto importante per SSF: grazie al sostegno della Fondazione Enel Cuore, Fondazione Cariplo, Fondazione con il Sud, il progetto Sport Senza Frontiere apre a Napoli e a Milano. Urgeva quindi trovare dei validi collaboratori che facessero partire “tutta la macchina”, che fossero motivati quanto noi soci fondatori e credessero nella nostra visione. A Napoli, per citare un personaggio sportivo molto famoso, forse “è stata la mano di dio” a farci incontrare Valeria e Sasà.
Valeria Leo, coordinatrice progetto a Napoli:
L’incontro con Sport Senza Frontiere ha determinato un nuovo percorso anche per me.
Fino ad allora credevo nella possibilità dello sport di cambiare prospettive di vita e obiettivi. Dopo, ne ho avuto la certezza.
Dai tempi dell’università, facendo volontariato nelle periferie di Napoli, spesso mi chiedevo come poter dare ai bambini e agli adolescenti nuovi possibili percorsi per crescere con la spensieratezza e la leggerezza di vita che ci si aspetta di vedere sui loro volti. La laurea in giurisprudenza e l’abilitazione alla professione di avvocato non sono state una risposta.
Al contrario, sin dall’inizio il potenziale poderoso di SSF è stato evidente: il progetto è stato accolto con entusiasmo in tutti gli ambiti coinvolti. Dalle società sportive alle scuole del territorio, alle famiglie, ricostituendo talvolta un tessuto sociale lacerato.
Le società sportive, da sempre punto di riferimento e protezione per i minori in difficoltà (Nota: SSF a Napoli opera nei quartieri più a rischio: Scampia, Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio), si sono mostrate da subito disponibili e partecipi ad accogliere i bambini. Le scuole ne hanno colto il valido ed efficace aiuto e sostegno anche per il loro lavoro.
Per non parlare dei bambini. Le loro famiglie sperimentano un disagio socio-economico importante (adesso aggravato dalla pandemia) e la quasi totalità di loro non aveva mai fatto sport fuori dalle palestre della scuola, semmai in qualche campetto improvvisato per strada, spesso per niente ospitale. Per tutti lo sport è stata occasione di relazioni nuove, incoraggianti: finalmente lo spazio del gioco, del divertimento e della competizione che sprona a far bene, meglio di come si sarebbe immaginato di poter fare.
Sport Senza Frontiere ha determinato per i bambini coinvolti incontri e occasioni di vita impensabili e per alcuni anche traguardi importanti. Lo sport ha significato poter avere uno spazio a misura di bambino, dove imparo cose nuove, misuro le mie abilità, verifico che non sono una schiappa, come credevo: qui c’è il mio allenatore che mi aiuta, mi spiega come fare, imparo a relazionarmi in modo diverso, qui conto, qui valgo!
Crescendo a San Giovanni a Teduccio tutto questo non è scontato.
In questi anni non faccio altro che incontrare mamme contente, i loro racconti mi riempiono il cuore, la logopedista constata progressi più rapidi, l’insegnante più fiducia in loro stessi e quindi miglioramenti nell’apprendimento, c’è maggiore attenzione all’alimentazione di un “atleta”, nuovi possibili orientamenti per lo studio dopo la scuola dell’obbligo.
C’è un gioco di squadra, di più: c’è la passione che viene dal poter regalare sport e divertimento a ragazzi assetati di vita. Per questo quando guardo la mia laurea appesa al muro mi rendo conto di non avere rimpianti.
Salvatore Loffredo (detto Sasà), accompagnatore ed educatore:
Ogni giorno, ormai da 6 anni, vado a prendere col pulmino i bambini che non possono essere accompagnati a sport dai propri genitori.
Nuoto, triathlon, calcio, judo, taekwondo, pallavolo, basket, ginnastica artistica, pattinaggio, atletica leggera, badminton: questi gli sport in cui i nostri ragazzi possono cimentarsi. Ce n’è davvero per tutti.
E quando finiscono i corsi, ci sono i centri estivi dove proseguire l’attività sportiva e a luglio me li carico sul pulmino per portarli al Monte Terminillo, a vivere la magia di JOY SUMMER CAMP, dove ricopro il ruolo di educatore e mi diverto più io di loro.
Nel mio ruolo di accompagnatore, educatore, confidente e all’occorrenza aiuto-compiti (se il giorno dopo c’è un’interrogazione importante), ne ho di storie da raccontare, ma ce n’è una che mi è rimasta nel cuore.
Mi ricordo bene il giorno in cui arrivò questo bambino con la mamma, pieno di insicurezze e di paura. Riuscì a dirmi solo “Ciao” ed il suo nome: Mattia. Con i bambini che erano nel pulmino non scambiò neanche una parola, stava solo attento ad ascoltare tutto quello che gli altri si immaginavano su quel nuovo e strano sport dove li stavo accompagnando: il badminton.
Quel giorno stesso scoprii che quello che bloccava Mattia non era solo la timidezza, ma una forma di balbuzia incipiente per la quale aveva paura di essere giudicato.
Ed è proprio nel suo caso che ho potuto vedere con i miei occhi in cosa consiste il miracolo dello sport.
Piano piano Mattia, grazie al formidabile lavoro della sua allenatrice Marianna, si è sentito accolto, incoraggiato e spronato a migliorare non solo nel badminton ma in tutti gli aspetti della sua vita, balbuzie compresa.
E’ diventato un grande sportivo, appassionato e puntuale, la sua autostima è cresciuta a dismisura, la sua quotidianità è più sana, gioiosa e tranquilla e tutto questo grazie allo sport.
Adesso, nel pulmino, Mattia non sta zitto un attimo e ogni tanto gli dico che forse con tutto questo sport… abbiamo esagerato! ❤️