APPUNTI SPARSI DI UN DIRETTORE MOLTO POCO SPORTIVO
Quando 11 anni fa conobbi Alessandro Tappa, non immaginavo in quale avventurosa esperienza mi avrebbe condotto.
Lo conobbi attraverso la Comunità di Sant’Egidio dove da sempre svolgevo attività di volontariato. Alessandro mi chiese di segnalargli 5 bambini della Scuola della Pace per inserirli nella sua società di Pentathlon Moderno.
All’epoca lavoravo in una grande organizzazione no profit di livello internazionale. Un lavoro sicuramente interessante, stabile. Facevo parte di una grande macchina ben organizzata dove però non c’era molto spazio per proporre nuove iniziative ed entrare in contatto con i beneficiari.
Sport Senza Frontiere ancora non esisteva, era soltanto progetto pilota portato avanti da Alessandro con l’aiuto di molti amici che in un modo o nell’altro apportavano il loro contributo. Un bel gruppo di persone. Molte venivano dallo sport. Io non sapevo neanche che lo sport potesse avere tanta potenzialità. Proprio lo sport non mi riguardava.
Ma ho scoperto dopo che mi sbagliavo.
Coinvolgendomi nel progetto mi resi conto anche delle potenzialità di sviluppo di quel tipo di intervento. Eravamo riusciti ad inserire bambini molto emarginati, alcuni dei quali non vivevano nemmeno in casa ma in dei container.
I rapporto con Alessandro crebbe e quando mi propose di aiutarlo a creare una Onlus fui da un lato attratto dall’idea dall’altra intimorito perché conoscevo la difficoltà di avviare un’associazione non profit dal nulla e con pochi fondi a disposizione.
Tuttavia accettai la sfida ed eccoci qui dopo 10 anni a festeggiare il nostro anniversario. Sport Senza Frontiere oggi è una realtà che lavora a livello nazionale in diverse città italiane in pieno sviluppo. Sicuramente all’inizio non è stato facile. Ma poi mattone dopo mattone, facendo tesoro degli errori e dei successi, abbiamo messo a punto un modello d’intervento per l’inclusione sociale che ha come strumento lo sport e che sta funzionando bene.
Chiusa questa breve parentesi biografica in concreto che cosa facciamo e di che cosa ci occupiamo? Provo a spiegarlo a chi ancora non ci conosce bene. In poche parole, facciamo fare gratuitamente sport a tanti bambini che vivono condizioni di disagio socio economico e di isolamento. Il percorso sportivo-educativo del minore è accompagnato da un tutor, monitorato da uno psicologo ed è integrato da uno screening medico-sanitario ed azioni di sostegno al nucleo familiare.
Utilizziamo lo sport come strumento per il rafforzamento della coesione sociale che implica l’esclusione di qualsiasi discriminazione nel rispetto delle differenze.
Tutti noi abbiamo bisogno di essere inclusi, soprattutto in questo periodo in cui le relazioni sociali e i legami sono sempre più deboli e fragili.
Cerchiamo di contribuire alla costruzione di una società più inclusiva e più equilibrata perché nessuno resti “fuori squadra” e messo ai margini.
Lavoriamo sulla prevenzione dei conflitti socio-culturali cercando di infondere il rispetto delle diverse radici e credenze religiose e cerchiamo di creare e supportare iniziative volte al benessere collettivo. E’ un lavoro “sottile”, che inizia sul campo e e continua “fuori dal campo”, non facile da comunicare. Che può anche sembrare non prioritario, tra le tante emergenze che ci affliggono. Ma quando vi mostriamo una foto di un bambino sorridente mentre corre, salta, danza o sale sul podio per ricevere una medaglia, il messaggio vale più di tante parole.
Quel bambino dice: sono felice! E per noi la felicità, il benessere, la crescita dei bambini è una priorità.
Dunque, ora non mi resta che preparami per la Maratona di New York. Sì, Alessandro Tappa, un giorno ti stupirò!
Sandro Palmieri
P.S. Per inciso, i 5 bambini del Pentathlon Moderno segnalati nel 2010 oggi sono ragazzi e ragazze e sono ancora con noi e ci aiutano come volontari.