Una bella storia senza frontiere
Sport Senza Frontiere da quest’anno ha iniziato anche a Novara il programma di inclusione sociale attraverso lo sport per minori in condizioni di fragilità sociale. Grazie a Fondazione De Agostini abbiamo inserito 15 bambini tra i 6 e i 14 anni.
Ma di questo abbiamo già parlato. Non vi abbiamo invece raccontato del nostro educatore di Novara, di colui che con dedizione ed attenzione segue questi 15 bambini, che parla con le loro famiglie, che fa in modo che i bambini non saltino neanche una lezione di sport e che li accompagna alle visite medico-sportive. Questo educatore di chiama Ismail e lo abbiamo intervistato per voi.
Da dove vieni Ismail?
Sono nato in Sudan, nel Darfur dove c’è stata per 17 anni una terribile guerra civile. Ora la situazione è un po’ migliorata ma ci sono ancora tanti campi di rifugiati che cercano di tornare ma non è facile ricominciare in una terra che è stata distrutta e ricostruire una nuova società dopo tutta questa perdita. E’ un’impresa pazzesca.
Durante il periodo della guerra civile, molte persone sono fuggite dal paese e si sono rifugiate in occidente aiutate da tante organizzazioni umanitarie, io sono una di queste.
Io sono l’unico della mia famiglia ad essere andato via dal Paese perché mi sono schierato contro le violenze, contro quello che stava facendo il governo. Io allora ero uno studente universitario e insieme ad altri studenti abbiamo manifestato apertamente contro il governo. Devi sapere che quella che tutti chiamano guerra “civile” in realtà non lo è stata affatto. La guerra era stata voluta dal governo corrotto che c’era allora, perché il Darfur era molto ricco e in molti (stati stranieri) volevano sfruttarne le risorse e così hanno follemente pensato di sterminar la popolazione. Quindi il termine più giusto per questa guerra in realtà è genocidio.
Così io sono stato perseguitato politicamente perché protestavo contro questa situazione.
Mi hanno arrestato, poi grazie alla mia famiglia sono uscito di prigione e sono stato messo agli arresti domiciliari. Ma la mia situazione era sempre precaria. Così mia madre e mio padre per proteggermi, mi hanno spinto a fuggire, a lasciare il Paese. Ovviamente potevo farlo solo clandestinamente vista la mia situazione. Sono arrivato in Italia ed ora posso anche chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni di status di rifugiato.
Come sei arrivato in Italia?
Con i famosi barconi alla fine del 2017, un viaggio lungo due giorni. Era finita la benzina ed eravamo alla deriva per fortuna siamo stati salvati. Avevo 23 anni. E’ stato un momento molto difficile.
Hai mai avuto paura di morire?
La morte non mi fa paura. Quello che fa paura a volte è la vita!
Sai la morte è una certezza, prima o poi mi toccherà, non c’è scampo. Ma prima di arrivare a quel punto so che devo dare il mio massimo.
Quindi sei arrivato in Italia.
Si siamo sbarcati a Catania. Poi sono arrivato a Milano. Sono stato fortunato perché quando sono arrivato qui ho trovato una via, ho conosciuto la Comunità di Sant’Egidio. Mi sono trasferito a Venezia, ho imparato italiano all’Università Ca’ Foscari, grazie ad un programma speciale dove io insegnavo arabo e in cambio ricevevo lezioni di italiano.
Così dalla conoscenza della lingua ho potuto ricominciare la mia vita qui. Mi sono potuto iscrivere anche all’Università.
Cosa studi?
In Sudan studiavo Ingegneria chimica. Quando sono arrivato in Italia non ho potuto dimostrare i miei quattro anni di studi e quindi ho dovuto ricominciare da zero. E ora studio chimica, sono al terzo anno e ad ottobre mi laureo.
Ma i tuoi genitori non potevano mandarti i documenti dal Sudan?
In realtà i miei genitori sono andati all’università per chiedere il certificato che dimostrava i miei studi. Ma gli hanno detto che tutti gli studenti che sono stati dichiarati dissidenti sono stati cancellati dall’università.
Come ti sei sentito quando sei arrivato, non conoscevi nessuno?
Mi sono sentito come un cammello in città…completamente spaesato e fuori contesto. No, non conoscevo nessuno. Non capivo niente. E questa era la cosa che mi dava più fastidio. Così la prima cosa che ho fatto è stato andare in un’edicola e chiedere un libro per imparare da solo l’italiano. Mi ricordo che mi hanno dato un testo che si chiamava “facile facile”. Avevo dei dollari ma non li accettavano. Mi hanno detto che dovevo cambiarli ma io non avevo i documenti e non potevo farlo. Alla fine mentre discutevo con il giornalaio è passata una signora che si chiama Raimonda con la quale sono ancora in contatto. Lei mi ha aiutato e mi ha portato alla Comunità di Sante’Egidio e da lì è partita la mia rinascita.
Come sei arrivato a Sport Senza Frontiere?
Grazie a Stefano Pasta della Comunità di Sant’Egidio.
Mi ha parlato di questo progetto mi ha chiesto se ero interessato. Ho detto di si e allora sono stato contattato da Elena Giliberti e ho cominciato, piano piano.
Che sensazione ti dà fare questo lavoro con i bambini che vivono situazioni di disagio socio economico.
Mi piace sentirmi utile. Credo che dare il nostro contributo sia importante. Cos’è questa vita se non diamo qualche cosa agli altri? Io ho ricevuto tanto e ora è arrivato per il momento di dare a mia volta.
E lo sport
Volevo fare la maratona di Milano ma c’era il Ramadan di mezzo e non ce l’ho fatta. Il 25 di settembre andrò alla Maratona di Berlino. Intanto mi alleno!
Cosa ti aspetti dal futuro
Questa è una domanda difficile. Io non penso troppo al futuro. Vivo giorno per giorno. Più che pensare al futuro preferisco dare il massimo oggi. Se arrivo bene. Se non arrivo qualcun altro può prendere il mio posto.
Vorrei far crescere il progetto di Sport Senza Frontiere a Novara, vorrei aiutarlo a diventare stabile. Vorrei che avesse altri psicologi, tutor, altri collaboratori. Vediamo. Ora devo capire come fare la raccolta fondi per farlo crescere. Spero tanto di potervi essere utile!
Ismail dopo questa intervista ha lavorato anche per il progetto JOY.
Ha fatto il tutor ad Armeno a Joy Nature, poi a Leonessa al Joy Summer Camp e anche a Gressoney. E’ stato un educatore amatissimo dai ragazzi di JOY con i quali ha saputo svolgere uno splendido lavoro.